I testi del CDRC

Ada Gobetti,  "Non è possibile, non deve essere possibile",
dal diario di Ada Gobetti, in morte di Piero

Non è possibile. Non deve essere possibile. Non pensare, non pensare, non impazzire. Il bambino non deve soffrire, non deve piangere cercando inutilmente il suo latte. Tutta la vita ti resta per piangere, per soffrire. Ma ora devi pensare a suo figlio.
Amore mio, creatura, vita mia, non ti sono stata vicina là, nella stanza dell'albergo, nella stanza della clinica, quando più avresti avuto bisogno di me. Solo sei stato: triste e solo, come dicevi scherzando quest'autunno, quando eri ammalato, che se io lasciavo un momento la camera, ti trovavo tornando, col tuo capo arruffato nascosto nel vano, tra i due cuscini, e mormoravi, fingendo di non vedermi rientrare: «Didi mi ha lasciato solo... sono qui solo... triste e solo... » E come sfavillavano i tuoi occhi quando ti venivo accanto e stringevo il tuo capo sul mio cuore. Non ti bastava, no, sapere che ero nella stanza accanto, non ti bastava la coscienza sicura del mio amore. Mi volevi vicina, così com'ero, col mio sorriso, con le mie mani e le mie labbra sulla tua fronte: e che ti riaggiustassi i cuscini e che ti dessi lo sciallino e che ti stringessi sul cuore. E ora sei stato solo: quanto lungamente mi avrà chiamata il tuo cuore: e io non sentivo, e io non potevo accorrere a darti pace con le mie carezze [...] A che è valso, mai, tanto amore, se non ha saputo riunirci in un attimo supremo? E' atroce pensare che non ritornerai: ma più straziante, più angosciosa è per me la pena di questa tua tristezza che non ho potuto dissipare. Siamo stati sempre infinitamente vicini: quando eravamo divisi per qualche giorno (oh, pochi, pochi: e tu arrivavi sempre un giorno prima del fissato!) non vivevamo che nell'ansia di ritrovarci. Qualunque cosa avessimo sentita, pensato, operato in quei giorni, non ci pareva realtà, finché non ce lo eravamo narrato, finché non era più soltanto mio o tuo, ma era divenuto comune, nostro. Nulla era in noi di buono che non fosse nostro, ed ogni cosa, nel fatto stesso di esserci comune trovava la sua bellezza e la sua verità. E ora - questa lacuna orribile: ignorare che cosa hai pensato nei giorni in cui mi fosti lontano. Non è giusto. Non è giusto. Tutta la tua vita è stata mia - e questi giorni - gli ultimi - i più gravi, i più sacri - li debbo per sempre ignorare. E non sapere se tu hai compreso. E non sapere se mi hai chiamata, se hai chiamato tuo figlio. Mio amore, mio amore tutta questa tenerezza che non ti ho potuta dare, che non ti potrò dare mai più; e che tu avrai cercata, vanamente. Perché tutto questo? Perché? Non lo posso accettare, non posso piegare la fronte. Perché tu sei la mia fede e non posso credere che il tuo cuore non palpiti più. Non sentirai il tuo bambino chiamarti «papà », non lo vedrai sorridere tendendoti le braccia. Ma almeno L'hai visto, ma almeno sapevi che c'era. E se hai compreso che morivi, certo ti è apparso come un dono di pace il pensiero di lui che continua la tua vita. Per questo forse lo hai amato con tanto commovente amore: ed eri geloso quasi del suo respiro: e non avresti voluto che nessuno gli stesse vicino, perché te solo, te solo vedesse e ti potesse così ricordare. Oh, se davvero potesse ricordare il tuo volto! Ma ora egli è gaio, ignaro, e sorride, sorride.
    Quando lo potrà comprendere, gli insegnerò il tuo amore: gli insegnerò a ritrovarti e ad amarti in quanto ci sarà nella sua anima di buono, di forte, di alto.
    Ma non è vero, non è vero: tu ritornerai. Non so quando, non importa, non importa. Ritornerai e il tuo piccolo ti correrà incontro e tu lo solleverai tra le tue braccia. E io ti stringerò forte forte e non ti lascerò più partire, mai più. È un vano sogno, tutto questo, una prova a cui hai voluto pormi: tu mi vedi, mi senti: e io saprò mostrarmi degna del tuo amore. Quando ti parrà che la prova sia durata abbastanza, tornerai per non più lasciarmi. Saranno passati molti anni ma immutati splenderanno i tuoi occhi e ritroverò le espressioni di tenerezza della tua voce. Mio caro, mio piccolo mio amore, ti aspetterò sempre: ho bisogno di attenderti per vivere.

CDRC Coro drammatico Renato Condoleo


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